venerdì 27 aprile 2012

Diario di un mercoledì da mamma creativa freelance



Ho scelto, ventidue anni fa, di essere illustratrice. E sedici anni fa di essere mamma, MOLTO mamma. 

Immaginando che le due cose potessero convivere armonicamente… 

Chi, come la sottoscritta, non si fa un’ora e mezza di coda in macchina al giorno per raggiungere il luogo di lavoro e non è costretta a cercare un parcheggio anche per i figli, oltre che per l’auto, quando i suddetti figli hanno la buona idea di beccarsi l’influenza, è indubbiamente privilegiata. 
Niente costi di trasporto, mai vista una tata, orari elastici e niente sballottamenti di marmocchi all’alba: dici poco. Una situazione idilliaca, il “lavoro da casa”, che, in abbinamento alla figura dell’illustratore,  nell’immaginario comune si traduce in “sveglia tardi, colazione in relax, una spolveratina e via col lavoro creativo di filata nella quiete domestica”. 

Forse per una “monomamma”, ma per le “penta” o più? 

Un mercoledì qualsiasi… 

Ore 6:30, suona la sveglia. Dieci minuti di stentata connessione col mondo (e oltre) prima di svegliare la figlia maggiore, ed entro una mezz’ora la cucina si riempie di ragazzini già in vena di punzecchiarsi a vicenda anche a partire da un semplice cucchiaio di cereali che sbaglia maldestramente traiettoria. Sorvolo per non vanificare immediatamente l’effetto del protettore gastrico che ho appena assunto e, prima di rifare qualche letto, ritiro il bucato dai tre stendipanni disseminati per casa. 

Sono solo le 7:30, la figlia numero Uno è già sull’autobus diretta al liceo, io sono ottimista: posso farcela ad iniziare per le 9. 

- Mamma, dov’è la tuta? – 
- Sarà dove l’hai lasciata l’ultima volta che l’hai usata – 
- L’ho messa da lavare – 
- QUANDO l’hai messa da lavare? – 
- Ieri sera, no? – 

Mi mantengo ferma nella tattica del “sorvolo” e frugo nel cesto della roba sporca per recuperare la tuta (vi risparmio la descrizione delle condizioni, confidando sulla vostra fervida immaginazione) annotandomi mentalmente che nel pomeriggio dovrà necessariamente partire una lavatrice urgente comprensiva dell’indumento in questione. 

Saluto Gio che esce di casa, con la vana speranza che stasera rientri ad un’ora decente. 

Ore 7:50, escono anche i figli numero Due, Tre e Quattro con gli zaini sulle spalle più pesanti di loro. 
Li saluto dalla finestra e mi fanno tenerezza, guardandoli camminare così in fila indiana sul marciapiede, la più piccola in mezzo quasi a volerla proteggere. 

Il piccolo numero Cinque dorme ancora, sparecchio tutto da tavola tranne la sua tazza e attacco coi letti lasciando perdere solo quelli dei “grandi”: la regola è che se li facciano da sé, possibilmente prima di sera dato che a quel punto sarebbe perfettamente inutile. 
Ore 8:20, anche G. si è svegliato, gli ficco al volo felpa e antiscivolo e procedo con l’aspirapolvere (così si sveglia del tutto) mentre gli servo la colazione. 


Rifaccio l’ultimo letto, una pulita ai bagni, sparecchio definitivamente, decido che per oggi non lavo il pavimento perché nel frattempo sono già le 8:45 e devo ancora lavare me stessa, lavare G. e vestire entrambi. 

Alle 9:00 sono davanti al mac, incredibilmente in orario: su skype non sono ancora comparse nemmeno le mie ligissime art director, dunque sono pure in vantaggio. Comincio a scaricare la posta. Lavoro contemporaneamente per tre editori diversi e faccio mente locale su cosa oggi è meglio far precedere a cosa, secondo le scadenze. La pianificazione prende una quindicina di minuti, e a quel punto G. reclama una scatola di giochi che non è alla sua portata. Mi alzo, recupero, consegno e mi risiedo. 
Decido di iniziare con il lavoro “a mano” che richiede più concentrazione e tempo. Dispongo cartoncino, colori, acqua, accessori vari; il disegno l’ho preparato ieri e devo procedere con il colore. Inizio con le tinte base; è acquarello e non posso interrompere una pennellata se no mi rimane il segno dell’asciugatura… 
- Mamma, mi esce sangue dal naso – 
Porcaccialamm… proprio adesso! Mollo il pennello e asciugo il bordo di colore alla bell’e meglio per prevenire i danni peggiori, corro ad assistere lo sventurato (mi riferisco al divano macchiato, più che al marmocchio: levo la fodera e la metto a bagno in acqua fredda, mentre al ragazzino infilo un tappo di bambagia nella narice, e vai) e una volta sistemato tutto riprendo il lavoro. 
Ore 10:00, suona il citofono: è il postino che regolarmente suona a me invece che alle altre sei condomine pensionate o casalinghe, e comunque non alle prese con una fase delicata di una stesura di colore. 
Ricomincio, la tensione cresce e fa bene, perché mi tocca interrompere dopo poco: bisognino complicato del bimbo, telefonate assurde da un paio di call-center, mamma ho sete, quelli della manutenzione ascensore mi faccia lei una firma perché di sotto non c’è nessuno, cosa faccio per pranzo? 

A proposito di pranzo, sono le 11,45 e fra 10 minuti devo uscite a recuperare C. a scuola. 
Rinuncio definitivamente al disegno a mano, sbaracco tutto, preparo G. per l’uscita intanto che metto su un sugo modello basic per la pasta. 

Ore 12,40 diamo inizio al primo turno di pasti: G., C. ed io. 
Sparecchiamo e tempo un quarto d’ora torna I. dal liceo: secondo turno e sparecchia. 
Ore 14 arrivano A. e L., terzo turno, alle 14,20 ho finito ma comincio a sentire in fondo in fondo una fastidiosa vocina: ricordati che devi pensare a cosa far per cena. 
Rimuovo deliberatamente. 

Ore 14,30 sono di nuovo in postazione. 
Nelle due ore e mezza di assenza capi e colleghi si sono presi la briga di mandarmi tutti insieme mail e messaggi su skype: Ci sei? A che punto sei? Per favore mi mandi questo? Mi mandi quello? 
Smisto il tutto e quando guardo l’orologio sono le 15,30. 
Bene, attacchiamo con i lavori in digitale: se non altro non c'è il rischio che mi rovescino l'acqua sul foglio. 
- Mamma posso fare merenda? - Quelli del primo turno hanno già fame, ovviamente. 
Arrangiatevi. 
- Mamma per domani mi serve un quaderno piccolo a righe di seconda coi margini –
Introvabile: usavano quando frequentavo io le elementari. Non ci posso credere. 
- Da quando lo sapevi? – 
- Boh, non mi ricordo – 
Il protettore gastrico è annientato da tempo, inutile preoccuparsene: posso dare libero sfogo a quello che affiora con prepotenza dal nucleo magmatico. 
Rientrata dal tour di cartolerie senza il bottino (ho effettuato una prenotazione dell’articolo in via d’estinzione presso l’ultimo negoziante incredulo) scrivo sul diario della bambina preoccupatissima che – giuro - procureremo il quaderno per i prossimi giorni.


Ore 16,15: dopo aver messo in lavatrice tuta e altra robaccia mi rimetto al computer e – udite udite – riesco a lavorare per un paio d’ore filate sui disegni dei “Cinque sensi”, mentre con un orecchio ascolto la lezione di storia ripetutami da L., con un occhio controllo su richiesta gli esercizi di matematica di A., con un piede sposto le macchinine di G. sparse sotto il mio tavolo, con la bocca sbraito a tutti di fare silenzio, con il naso percepisco che tutti nel condominio hanno già iniziato a preparare la cena e io no.
In preda all’ansia salvo, metto in stop e corro in cucina, apro il frigorifero desolato (ho fatto la spesa l’altroieri, cavoli, ne sono sicura), mi arrangio con quello che c’è e imbastisco l’ennesimo pasto per 7. 
Mi resta una mezz’ora di lavoro prima che torni Gio e ci si metta a tavola, così ci do dentro, avvolta dalle terribili musichette della wii (legittima in casa nostra fra le 18 e le 19, a compiti conclusi) e relative esclamazioni degli utenti a un metro da me. 

Ore 22, torna a regnare il silenzio. Se non fosse che ormai mi si chiudono letteralmente gli occhi, sarebbe il momento migliore per lavorare in pace. 

Ho in mente siti e blog perfettamente curati e regolarmente aggiornati di altri illustratori riportanti i loro racconti di esperienze professionali impeccabili, le loro sicure ricette per la buona riuscita della professione, le foto dei loro studioli protetti e superattrezzati, e mi rendo conto di vivere in un altro universo. 
Ma qual è quello reale? 

Non ho uno spazio mio e un tempo mio, eppure so che dentro di me germogli di idee potrebbero crescere, se ben coltivati, perché a tratti ne avverto la presenza urgente. 

Non è che la creatività dovrebbe trovare strada e tempo “grazie” ai miei figli, immensa risorsa in più, e non “nonostante” loro? 

Non mi resta che alzarmi prima dell’alba domattina e ricominciare… 











martedì 10 aprile 2012

Here comes the Sun


Un omaggio ai Beatles  - che ero convinta fossero amici di famiglia :o)  -  recuperato da un vecchio scatolone: "CHANDESAN", come si può intravvedere dal tratto scolorito del pennarello, ossia "COMES THE SUN" come lo immaginavo scritto a 4 anni !
Da sinistra: George, Paul, Ringo e John.