sabato 1 dicembre 2012

Illustratori come Charlie's Angels



Sono trascorsi poco meno di vent’anni da quando, giovane illustratrice naturalistica, lavoravo per le belle e curatissime collane di divulgazione di Jaca Book.

L’inizio era stato un po’ burrascoso. Sprovveduta e ingenua, ero giunta in redazione su appuntamento con qualche disegno sparso in una cartellina.  Indubbiamente, il materiale non era sufficiente a dimostrare quanto potenzialmente avrei potuto fare; rientrai a casa delusa e scoraggiata.

La telefonata per il mio primo incarico giungeva invece inattesa poche settimane dopo, dalla stessa redazione, dando inizio a una lunga avventura.

Tavole grandi e dipinte a mano, a tempera, acquarello e aerografo, con una pazienza infinita e la lente d’ingrandimento a portata di mano per tenere a bada il segno di un millimetrico pennellino da modellismo. Tre settimane, a volte, per una doppia pagina! Tanta soddisfazione, però, e ora una punta di nostalgia del bel rapporto di collaborazione e conoscenza reciproca con la “mia” art director.

Avevo ovviamente un pc a casa, ma la posta elettronica era ancora per pochi, quasi da fantascienza; al limite ci si poteva arrangiare con un fax, nei casi migliori.

Dunque, borsone vuoto in spalla, partivo con treno o pullman, come ai tempi dell’Accademia, e mi recavo a incontrare Caterina che mi consegnava l’incarico per la nuova tavola, spiegandomi con cura cosa mi si richiedeva e riempiendomi il borsone di decine di cartelle (fonti scritte e immagini da cui ricostruire animali ormai estinti) e libri introvabili in biblioteca (non c’era Google, ricordate? Per sapere come fosse fatto un PATRIOFELIS dovevi montare sulla bicicletta, fiondarti in biblioteca, compilare decine di schede, frugare fra gli scaffali, scorrere l’indice, sfogliare, scoprire che l’immagine scovata era assolutamente inutile per comprendere a fondo l’anatomia della bestiola in questione e ricominciare con un altro volume…).




Terminato l’incontro, durato un paio d’ore, immancabile lo spuntino insieme al bar, reso più gustoso da una chiacchierata senza troppa fretta, poi il ritorno a casa con una data per la consegna e i primi schizzi stesi sul pullman, per fermare le fugaci idee visualizzate nella mia mente già durante il colloquio.


Qualche giorno di studi accurati,  ed ecco la matita pronta.

Scansione e invio? Troppo semplice! Arrotolavo il leggero foglio 35x50 nel tubo, acquistavo il biglietto, riprendevo i mezzi e tornavo in redazione. Intuivo subito, entrando, se Caterina fosse in buona o se invece fosse una giornata no perché lei era stanca morta, avendo “fatto la notte” sommersa dai libri nel suo piccolo studio in redazione. Cate osservava con attenzione un po’ burbera la composizione nel suo insieme. “Questa è tonta”, borbottava indicando la traccia curvilinea della riva di uno stagno primordiale. "Sarà da correggere. Il resto va bene", e finalmente un sorriso allentava la tensione. Ci stava un caffè al solito al bar, così ci svegliavamo entrambe. Come sta Gio, come procedono i preparativi per il matrimonio, ti ho trascritto la ricetta delle crêpes…

Di nuovo a casa. La fase del colore era lunga e solitaria, trascorrevano anche quindici giorni. Una mattina, infine, consideravo la tavola finita, la ricoprivo con carta da lucido per proteggerla e la riponevo nella cartelletta 50x70.


M.E. Gonano - A. Del Nevo:
Filogenesi dei Carnivori a vita anfibia
© Jaca Book, 1998


Prendevo appuntamento e il giorno dopo ero di nuovo alla fermata: borsone con quindici chili di libri da restituire e la cartelletta con il suo prezioso contenuto. La tensione era alle stelle: ogni consegna era come passare un esame all’università! Caterina non vedeva l’ora di vedere la tavola… io avevo mille dubbi, "forse avrei potuto rifinire meglio questo o quello?". Lei chiudeva gli occhi come una bambina e sollevava il foglio di lucido prima di riaprirli ed esclamare: “Oooooooooooh!”.

Era andata. I miei dubbi svanivano e finalmente mi rilassavo nel vedere il suo sguardo attento passare da un particolare all’altro gustandosi persino una sfumatura, un riflesso o un angolino sullo sfondo. Bussavamo alla porta del “sancta sanctorum” e, ricevute, mostravamo il lavoro al Grande Capo… Approvato anche da lui. Per festeggiare, un panino insieme. Ho provato le crêpes, mio figlio ha deciso per il Liceo, noi abbiamo scelto i mobili della cucina… Un’ora trascorsa e una nuova data per rivederci in occasione della prossima tavola, fra qualche giorno.




Sono trascorsi meno di vent’anni…
Lavoro in digitale su una collana di editoria scolastica. L’icona della posta elettronica saltella insistente sul desktop: una mail da un mittente a me nuovo, la redazione di un Editore per cui non ho mai lavorato mi chiede in maniera gentilmente formale la disponibilità a una collaborazione, avendo potuto visionare i miei lavori sul web e da precedenti pubblicazioni. Valuto attentamente i miei tempi e le consegne già in programma, prima di rispondere, e scrivo a mia volta una mail cortese e impersonale chiedendo maggiori informazioni sul progetto, su tempi e compenso. Inizia, preliminare all’incarico, uno scambio scritto le cui intestazioni, saluti e firme si semplificano via via; passiamo dal “Lei” al “Tu” senza conoscere nulla, nemmeno il volto e la voce, della persona che da oggi in avanti, per mesi o anni, sarà mia costante e quotidiana interlocutrice pur vivendo a centinaia di chilometri di distanza. Accettati i termini del contratto, mi arriva un pdf con gli impaginati su cui impostare le matite, che a mia volta invio dalla mia scrivania dopo pochi giorni. Silenzio per qualche tempo, mentre faccio altro, poi puntuale una nuova mail mi annuncia l’ok per il colore, con qualche piccola correzione.

Fra una mail e l’altra (su ciascuna delle quali compare alternativamente, in basso, il numero di telefono mio e suo, codice cifrato per un improbabile contatto più ravvicinato) mi domando fugacemente quale volto abbia questa persona di cui ho presente solo il nome e l'icona su Skype, di che colore abbia occhi e capelli, che età abbia (ormai sempre più spesso i miei art director sono più giovani di me), se sia sposata, se anche lei abbia figli, se le piacciano le crêpes, di che umore sia oggi e che cosa mangi nella pausa pranzo… il più delle volte non lo saprò mai. Non c’è probabilmente neppure il tempo per chiederlo.

Mi rendo conto che è tutto più semplice, sì, non mi muovo da casa, ho spesso immediatamente le informazioni che mi servono, non ho più nemmeno i mille dubbi che avevo un tempo nel consegnare una tavola, perché ormai mi sento pressoché sicura di ciò che faccio e delle mie competenze, ma mi manca qualcosa.

Mi torna alla mente la serie televisiva “Charlie’s Angels” che guardavo da bambina: le tre mitiche  agenti che lavoravano fiduciose per un misterioso personaggio di cui conoscevano solo il diminutivo e la voce filtrata dall’apparecchio telefonico…