sabato 18 ottobre 2014

Impressione e Fiori a Giverny. Parte II


Parte II: il giardino francese nell’Ottocento


Accanto alle principali forme d’arte quali la poesia, la musica e le arti figurative, si sviluppa nel corso dei secoli un ulteriore e particolarmente efficace mezzo di espressione del sentimento umano di fronte alla natura: l’arte dei giardini. 

La sua origine risale alle epoche più remote, ai tempi delle antiche civiltà mediterranee e orientali, quando il giardino aveva soprattutto un significato religioso che riportava all’idea del Paradiso terrestre (l’Eden) come centro del cosmo e immagine del Paradiso celeste. A prescindere da queste sue valenze mistiche o metafisiche, il giardino ha sempre rappresentato un tentativo da parte dell’uomo di creare un rapporto più armonico e familiare tra sé e il mondo esterno; come avviene per la pittura di paesaggio, l’arte dei giardini assume progressivamente una propria autonomia estetica che porterà alla definizione di alcuni basilari principi compositivi legati al particolare contesto culturale di ogni luogo temporale e geografico. 

Giardino egizio, epoca faraonica.

Come ogni autentica opera d’arte, il giardino nasce anzitutto come processo creativo interiore, trovando poi una sua espressione formale nella composizione di elementi assunti, in questo caso, dalla realtà naturale. Per questa sua ultima e singolare caratteristica, il giardino tende volta per volta maggiormente alla natura o all’artificio, secondo il gusto estetico di chi opera; anche nel primo caso, tuttavia, l’intenzione e l’intervento dell’artista rimangono evidenti in quanto limitazioni o alterazioni comunque imposte al paesaggio. 

È necessario a questo punto soffermarsi alcuni istanti sulla tradizione del giardinaggio francese, per meglio definire l’ambiente in cui Claude Monet si troverà ad operare alla fine del diciannovesimo secolo. 
Tralasciando di illustrarne l’intera evoluzione storica, diamo dunque un breve sguardo al modo compositivo “ufficiale” del giardino ottocentesco in Francia, memore, all’inizio del secolo, delle geometrie rigorose e classicheggianti del Rinascimento italiano: simmetrie, ritmi serrati, ampie ed ordinate viste prospettiche, parterres elaboratamente decorativi, giochi d’acqua condotti con solenne spettacolarità, sono costanti che si ripetono dai grandi giardini reali di Versailles e Fontainebleau fino a disperdersi nell’esotico sentimentalismo romantico. 


Aiuola a ricamo (Parterre de broderie) del Rinascimento francese.

I giardini di Versailles a Parigi.


Con l’impero di Napoleone III ha inizio una nuova stagione nell’arte dei giardini francesi: si costituisce una vera e propria scuola di architetti sotto la guida di Jean-Charles Alphand, incaricato della realizzazione del Bois de Boulogne e del Bois de Vincennes di Parigi; si crea una sorta di compromesso tra il modo liberamente èaesaggistico tipico del Romanticismo e la ricerca di purezza formale classica, ripresa in termini di chiarezza disegnativa. Dalle parole dello stesso Alphand e del suo allievo André è possibile cogliere i fondamenti estetici delle loro composizioni, e quindi del gusto ufficiale loro contemporaneo: 

“Un giardino non deve essere una copia esatta della natura, poiché esso è un’opera d’arte (…) E c’è altrettanto studio di adattamento e ricerca di effetti ottenuti con mezzi artificiali sia in una composizione pittoresca che nell’àmbito ti un tracciato regolare; e per quanto l’arte non si esprima sempre nella stessa maniera, la creazione dell’uomo deve ugualmente rivelarsi”. (Charles Alphand). 

“Lo scopo (dell’arte dei giardini) è di affascinare i nostri sguardi e di commuovere dolcemente la nostra anima prendendo a prestito dalla creazione le sue scene più piacevoli, accrescendo la sua armonia e la varietà, valorizzando ciò che essa ha di più bello, sopprimendo le sue manchevolezze”. 
“Proverò a cercare modelli di giardini sia nelle tele più belle dei pittori sia in scene scelte dal mondo esterno (…) Per abbracciare l’arte dei giardini in tutta la sua estensione, bisogna essere insieme pittore, poeta, architetto e giardiniere”. 
“L’unità nell’insieme, la varietà nei dettagli. Questa è la legge che presiede alla bellezza della natura come nell’arte”. 
“L’arte dei giardini deve trarre ispirazione dalle composizioni dei grandi pittori di paesaggi (…), è soprattutto ai pittori che dobbiamo se il nostro sguardo è colpito dalle felici combinazioni della natura (…)   l’unione delle due arti è dunque auspicabile”. (Édouard André).




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