martedì 18 novembre 2014

Impressione e Fiori a Giverny. Parte V

Parte V: il Giardino



Monet dipinse la terra del suo giardino con i colori più luminosi di cui disponeva, affinché l’Impressionismo si facesse realtà sperimentabile attraverso al totalità dei sensi e affinché le tele ispirate a tale minuscolo neo-creato portassero in loro stesse la pienezza sgargiante della poetica impressionista. 

Quale artista profondamente radicato in quella rivoluzionaria modalità di visione della natura che caratterizzava le opere dei pittori del Café Guerbois, Monet cominciò con l’abolire ogni traccia di disegno dalla sua tela naturale: come non utilizzò per i suoi dipinti il tradizionale disegno preparatorio a matita entro il quale stendere successivamente il colore, così non si currò dello schema compositivo preesistente del giardino, modificando forma, numero e disposizione delle aiuole e delle bordure non già in funzione della struttura formale, bensì in funzione del colore. In breve tempo i caratteri geometrici che pure permanevano nella struttura delle superfici coltivate nell’area originaria della proprietà, sembrarono sparire celati dall’intrico confuso delle piante verdi e dei fiori. Nella parte nuova al di là della ferrovia, il colore vegetale fu “steso” direttamente sulla superficie vergine in un freschissimo ed imprevedibile susseguirsi di macchie e tocchi di luce colorata. 

Nella risultante informalità compositiva, nulla era in realtà lasciato al caso: ogni particolare aveva un suo preciso ruolo e contribuiva all’esaltazione dei frammenti adiacenti. 

La regola vitale che sottostava alle combinazioni cromatiche delle varie parti del giardino era quella più puramente impressionista: masse di colore giustapposte secondo le leggi della complementarietà, elevavano a incredibile potenza le caratteristiche suggestive proprie di ciascuna tinta. 

Monet non amava le specie di fiori variegati così come non amava nei suoi dipinti le tenui sfumature e il chiaroscuro tradizionali: pochi colori, i più puri, distribuiti in campiture monocromatiche sapientemente accostate l’una all’altra, bastavano a creare il più solare degli effetti. Chiazze giallo-oro e arancio in campiture viola e blu, fiamme di rosso nel verde brillante dell’erba, vibravano e si riconvertivano il luce imprimendosi sulla retina dell’osservatore; macchie di rosa, malva, azzurro, porpora e bianco contribuivano a questo incessante riverbero. 

Nel corso dell’anno, allo scorrere delle stagioni, le aiuole mutavano più volte colore e contorno, secondo la volontà creativa dell’artista unita ad una sempre varia e imprevedibile dose di spontaneità, derivata dalla vita propria degli elementi naturali. Dalla prima, timida luminosità dei bucaneve e delle primule nelle ancora spoglie giornate tardo-invernali, alla fresca gaiezza primaverile delle aubrezie, delle viole, delle giunchiglie, all’esplosiva intensità delle dalie, degli anemoni, delle ortensie e delle rose nei giorni estivi carichi di aromi, fino al tardo trattenersi autunnale degli astri e delle bocche di leone, ogni angolo di terra della vecchia proprietà alternava deflagrazioni di colore a folti e selvatici tappeti erbosi. 

In primavera il tenero manto verde chiaro si arricchiva di arancio, azzurro, malva e viola, con una netta prevalenza di smaglianti accostamenti fra i complementari azzurro-arancio; in estate la tavolozza naturale di Monet tendeva a rafforzarsi in colori più violenti, intensi, in gradazioni dal viola al rosso vivo, con macchie vermiglie che stridevano sullo sfondo verde intenso; poi tutto si placava nei biondi e caldi colori autunnali punteggiati di rosa e giallo aranciato. 

Attraversando la ferrovia, si penetrava in un immenso rigoglio di verde, illuminato dai riflessi dell’acqua e dei fiori; un ponticello arcuato, di gusto tipicamente giapponese, univa in una cascata di glicine le rive opposte del laghetto cosparse di iris, felci e canne, prima del ricongiungersi, a ovest, delle acque del ruscello con quelle del Ru. E lì, sullo specchio tranquillo dello stagno, fiorivano nobili e misteriose, irraggiungibili, le ninfee galleggianti sulle loro culle di foglie, circondate da una miriade di luccichii colorati. 
Aria, acqua e terra in un tutt’uno di luci e di ombre variopinte, tra le fronde argentate dei salici e i fruscii dorati delle canne di bambù. 

Le seguenti ricostruzioni delle campiture cromatiche sono state ricostruite sulla base dei dati esposti in precedenza e dei documenti fotografici disponibili: per il loro carattere schematico, tali ricostruzioni non vanno lette come riproduzioni realistiche, ma quali ausilio alla definizione delle più frequenti combinazioni cromatiche utilizzate da Monet nella sua composizione vivente. La colorazione e le dimensioni delle colture risultano pertanto volutamente accentuate in rapporto alla visione reale.

Per questioni di spazio e leggibilità sul web e per il carattere del tutto informale di questa pubblicazione, riporto qui solo le immagini ricostruite dell’aspetto cromatico delle coltivazioni stagionali nel giardino originale e in quello delle ninfee, tralasciando l’elenco completo delle singole specie vegetali, della loro distribuzione nell’area coltivata e delle loro mutazioni cromatiche stagionali. Chi fosse interessato a consultare tali pagine, può chiedermelo contattandomi via e-mail.












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